STAND BY ME
—
PRODUZIONE SANPAPIÉ
—
Coreografia e regia
Lara Guidetti
—
Drammaturgia
Saverio Bari in collaborazione con Gianluca Bonzani
—
Maschere
Maria Barbara De Marco
There are no monster in this world;
they’re just people.
There are strong people and there are weak people.
I think I’m an amalgam of the two.
Judge for yourself.
(Dennis Nilsen)
CAST &
CREDITS
Con Sofia Casprini, Gioele Cosentino, Matteo Sacco
Una produzione Sanpapié
Coreografia e regia Lara Guidetti
Drammaturgia Saverio Bari in collaborazione con Gianluca Bonzani
Elaborazioni sonore Marcello Gori
Maschere Maria Barbara De Marco
Scenografia Maria Croce
Costumi Fabrizio Calanna
Con il sostegno di MiC – Ministero della Cultura
Sinossi
IDENTITÀ 2.0
Lo spettacolo si ispira all’auto-biografia di Dennis Nilsen, omicida seriale inglese, che svela con dovizia di dettagli i suoi 12 omicidi tra emozioni, ragioni e rigorose ritualità. La banalità crudele della solitudine, l’assenza di libertà personale, nell’Inghilterra dei primi anni ‘80 dove sfilano icone, giovani in fuga e l’omosessualità rimane antitesi della normalità famigliare, collocano l’orrore nella cornice della quotidianità.
È la notte di Natale, la paura del vuoto e dell’abbandono schiaccia la mente e fa schizzare i pensieri in cerca di una soluzione: guarda quel giovane nel suo letto e pensa: “deve restare!”. Un corpo vuoto, a disposizione… Ed ecco che la fantasia diventa reale, il “mostro” entra in azione e uccide, e Nilsen trattiene con sé il corpo, lo inserisce in un presepe dell’orrore, conservato per l’imitazione della normale vita domestica e con lui convive. Ma il tempo consuma i resti e rinnova la necessità. E allora ancora, 11 volte ancora. Una storia di amore e morte, dove sfilano archetipi antichi, stereotipi reiterati, una danza di specchi incrociati e immagini triplicate, tra visioni di sé e trasfigurazioni, dove frammenti di corpi e di ricordi trovano il loro posto in quello spazio vasto e senza tempo che è l’animo umano.
In scena tre danzatori, due uomini e una donna di età diverse, che indossano per l’intera durata della performance la stessa maschera integrale: sono le tre differenti anime e funzioni di cui parla l’omicida riferendosi a sé stesso nel corso della vita. La coreografia si articola in un capovolgimento costante dei ruoli attivo, passivo e osservatore dell’azione danzata, elaborando il meccanismo di passività/reattività come forma sia estetica che poetica. L’assenza di attività muscolare, il rapporto col peso e con il movimento scheletrico del corpo, proprio e dell’altro, la caduta, la ripetizione, la manipolazione punteggiano una partitura di movimento eclettica, che si sfida nel cambiamento rapido e velocissimo degli ambienti secondo un criterio di montaggio cinematografico. Il ripetersi di scene, movimenti e paesaggi sonori con piccole ma costanti variazioni interne ricostruisce il complesso percorso che Nilsen compie nella propria quotidianità fino al punto ultimo e necessario, lo svelamento, la caduta della maschera, per l’inevitabile confronto con quella società che potrà così esorcizzare il male additando e imprigionando il mostro, e trasalendo per il suo aspetto così normale, così comune.
La drammaturgia si compone a partire dall’autobiografia di Dennis Nilsen, History of a drowning boy, e dalla visione di documenti dell’epoca. È strutturata secondo un modello di scrittura cinematografica che accosta frammenti e ripetizioni in maniera non lineare: questo per dare conto della scissione psichica del protagonista e della serialità del rituale. La drammaturgia sonora è composta da brani sempre connessi con la biografia di Nilsen o con gli anni della sua vicenda, nella quale si insinua il sound design che rielabora il sonoro per definire gli ambienti e per calare la danza nella concretezza dell’azione.